Prefazione di Settimio Marcelli
“Il
fotografo saccheggia e insieme conserva,
denuncia
e insieme consacra.”
Susan
Sontag, Sulla fotografia
Chissà se Mario Vintari si
riconoscerà in questa definizione di Susan Sontag. Visto che lo conosco da tempo
immemorabile, credo di sì, ma, proprio perché lo conosco, so che poi, mentre
sfogliamo insieme le foto pubblicate in questo volume, non potrà trattenersi e
comincerà a spiegarmi che quando scatti una foto, specie se stai riprendendo
delle persone, tu fermi quell’istante, ciò che quelle persone sono in quel preciso
momento. Non devi avere la pretesa di raccontare tutta la vita di quelle
persone. Eppure, in quell’istante puoi rivelare tante cose su di loro. Tutto
dipende dallo spirito con cui ti accosti a loro. Dal modo in cui gli rivolgi il
tuo sguardo.
Ecco, proprio di questo io gli
parlerei, sfogliando le foto di questa raccolta, del suo sguardo. Per
rispondere alla domanda che non possiamo fare a meno di porci di fronte alla
pubblicazione di un libro fotografico. Ce n’era veramente il bisogno? Siamo
inondati dalle immagini. Per la strada, al cinema, in televisione, sui pc, sugli
smartphone. Dovremmo vivere a occhi chiusi per sfuggire alle immagini che
riempiono ogni attimo della nostra giornata. Perché dovremmo aggiungere anche
queste a tutte le altre?
Intanto perché non compaiono su
di uno schermo, ma le possiamo materialmente prendere tra le mani come qualcosa
di reale, sentire tra le dita il loro spessore, la loro concretezza, anche il
loro peso. Uscire quindi, almeno per qualche minuto, dalla evanescenza degli
schermi per farne un’esperienza concreta. E di cosa, con le foto di Mario
Vintari, facciamo esperienza? Della straordinaria diversità che caratterizza le
persone che abitano questa piccola porzione di mondo che è l’Italia. Gli “Itagliani” con quella lettera “g”, a cui
si possono dare mille significati, ma tutti riconducibili a uno, che si può
definire come l’appartenenza al popolo delle persone normali, riprese in
momenti banali o eccezionali, ma pur sempre autentici.
Non mi sono perso per strada.
Tutto questo mi serviva per arrivare al punto decisivo, quello da cui sarei
partito parlando a quattr’occhi con Mario. Lo sguardo. Di reportage in cui si
raccolgono ritratti di persone impegnate nelle loro attività quotidiane ce ne
sono tanti. Cosa distingue questo dagli altri? Quello che nella definizione di
Susan Sontag manca. La condivisione. Lo sguardo di Mario Vintari non giudica.
Attraverso l’esperienza di un attimo crea una testimonianza comune. Del
soggetto che offre qualcosa di sé all’obiettivo della fotocamera, perché non si
tratta di foto rubate. Del fotografo che in una ruga, un sorriso, un’acconciatura,
coglie anche qualcosa di sé. C’è complicità in queste foto. Non quella
complicità che sconfina nell’omertà, piuttosto la consapevolezza che si sta
facendo qualcosa insieme. Una foto. Niente di più, ma neanche niente di meno.
Un momento di realtà.
Ad accentuare questo effetto di
realtà è il bianco e nero, che riduce tutto all’essenziale, senza tuttavia rinunciare
alle sfumature. Non che non si possano fare cose egregie con il colore, ci
mancherebbe. Eppure, fateci caso, l’uso del colore indica con precisione quando
una foto è stata scattata. Dalle antiche tinte pastello delle immagini colorate
a posteriori, a quelle che oggi ci paiono sbiadite degli anni Settanta, fino
all’estrema raffinatezza delle foto digitali. Una foto in bianco e nero,
invece, può essere stata scattata in qualunque momento, almeno nell’ultimo centinaio
di anni. Per questo, quando guardiamo un ritratto in bianco e nero, siamo più attenti
a capire cosa ci sta dicendo la persona fotografata. Cosa il fotografo, con il
suo sguardo, ci ha voluto comunicare. Uno sguardo che, nel caso di Mario
Vintari, non giudica bensì condivide.
Presentazione di Mario Vintari
Perche fare un libro fotografico su gli Italiani?
Da molto tempo la macchina fotografica è il mio sguardo, spesso e volentieri
realizzo ritratti, li prendo in prestito dal mondo in cui vivo, che e' fatto dalla
gente che incontro, i personaggi, piu o meno consapevoli dei miei racconti
fotografici, ma anche presi dai miei lavori, dai miei reportage di viaggio,
e dalle mie tante allucinazioni.
Sicuramente sarebbe velleitario pensare di raccontare, come in un catalogo,
un popolo.
Io mi sono divertito, negli anni, a creare una raccolta di ritratti piu o meno
ambientati, di persone che in qualche modo rappresentassero situazioni,
atteggiamenti, mestieri, espressioni, modi di vivere, di ridere di fingere,
ecc. , rimaste, come dei pesci , impigliate nella rete della mia curiosita'.
Per tenerle insieme tra di loro, ho cercato di annullare, con la scelta del B/N,
le differenze temporali ( questa sorta di ricerca va avanti da piu di 15 anni).
Con la scelta di realizzare un libro fotografico, ho pensato a come metterle
insieme, impagginandole seguendo l'idea di affiancarle in base a similitudini,
assonanze, che secondo la mia analisi, emergevano dalle immagini stesse.
Questa galleria di ritratti, è soltanto la visione, decisamente di parte, molto
soggettiva e parziale, dove l'unico dato veramente oggettivo e inconfutabile,
e' il fatto che, tutti i personaggi rappresentati ,sono ITAGLIANI.
In conclusione due considerazioni: la prima riguarda il titolo, voleva essere
un effetto letterario, che facesse colpo e creasse una sorta di interesse sul libro.
In seguito ho realizzato che invece questa scelta era coerente con la mia idea
di appartenenaza, e quella che ho di nazione e popolo.
La seconda, riguarda la foto qui a fianco, che e' un po un incipit di questo lavoro,
il mio modo di riaffermare la parzialita' della visione fotografica, e di
conseguenza, esptimere tutte le scuse, rivolte alle migliaglia di opportunita
che la scelta di una fotografia ci ha impedito di fare.